Un brivido, sono due, salivazione azzerata!
<Sono due – mi disse il ginecologo alla mia sesta settimana di gravidanza – e sono entrambi lanciatissimi>. Siccome non me l’aspettavo, ho avuto un brivido. Dopo un quarto d’ora di salivazione azzerata, ho ripreso la parola e il pensiero. Cosa ho provato? Gioia, ansia, confusione: una baraonda di sensazioni che ho cercato di contenere concentrandomi sugli aspetti organizzativi. Nove mesi (e diciassette chili) dopo, mi sono resa conto che avere due culle, quattro biberon, un pacco scorta da ottanta pannolini, una dispensa buona a garantire un mese di sopravvivenza e una nonna in gamba a disposizione cinque giorni alla settimana, sono cose importanti, ma che è altrettanto fondamentale utilizzare tutto ciò nel modo corretto. Cioè impostando fin da subito una routine il più possibile identica e farlo con la massima serenità. Questo atteggiamento mi ha permesso di godermi i miei frugoletti di due chili l’uno (un maschietto e una femminuccia) senza farmi devastare dall’ansia o dalla stanchezza delle prime notti di poppate doppie. I miei bimbi mi hanno ripagato presto facendomi il regalo più gradito: a un mese dalla nascita infatti dormivano già cinque, sei ore a notte. E il pianto di uno non ha mai disturbato il sonno dell’altro. Forse sono stata fortunata, di certo il riposo notturno mi ha permesso di cavarmela da sola, anche perché il papà viveva in un’altra città e pochi mesi dopo la nascita ci siamo separati. In quel momento così delicato ho avuto bisogno di tenere lontane le tensioni e affidarmi a chi poteva aiutarmi concretamente: purtroppo il nostro rapporto non era abbastanza solido e ha dato effetti contrari. In ogni caso abbiamo deciso di convivere nelle prime due settimane successive al parto (grazie anche al congedo di paternità) e di trascorrere insieme la prima vacanza al mare quando i bambini avevano tre mesi.
Fin dalle prime settimane di vita i bambini si sono sincronizzati sugli orari del sonno e delle poppate. Non ho mai provato ad allattarli contemporaneamente (ma poi, qualche mamma davvero ci riesce??), anche perché erano molto piccoli e faticavano ad attaccarsi al seno. Quindi ho preferito utilizzare il tiralatte e il biberon. Li mettevo comodi sul divano, uno accanto all’altro: con una mano il biberon per uno, con l’altra il biberon per il secondo. Non c’era il contatto fisico, è vero, ma gli sguardi ben bilanciati su entrambi credo siano stati altrettanto importanti. Purtroppo ho dovuto smettere di dargli il mio latte verso il terzo mese perché non ne avevo più neanche una goccia: mi è dispiaciuto ma non ne ho fatto una tragedia, mi sono fatta consigliare un buon latte artificiale e ho proseguito con quello.
I mesi successivi li ricordo con grande tenerezza. I pianti in simultanea mi hanno messo a dura prova,così come le rocambolesche uscite di corsa perché capitava di finire di preparare uno e trovarsi a dover cambiare nuovamente l’altro. E poi smonta e rimonta il passeggino gemellare, incastra il gigantesco telaio nel baule della macchina, fissa due ovetti e tieni d’occhio il ciuccio di entrambi. Siccome in quel periodo era piena estate, le uscite terminavano in un bagno di sudore. Ho sbuffato tanto ma ho riso forse anche di più, soprattutto quando mi sono resa conto che esistevano anche passeggini gemellari più snelli e leggeri rispetto al treno merci che avevo scelto io pensando di farli stare più comodi.
Man mano che crescevano, invece, la vita in casa si è fatta più semplice perché i bambini hanno cominciato a tenersi compagnia reciprocamente: stesi sul materassino (che per me è stato fondamentale) si sono studiati l’un l’altro e strappati il ciuccio di bocca a turno centinaia di volte. Più grandicelli, nel box sommerso di giocattoli, mi hanno permesso di fare lunghe e rilassanti docce in tutta tranquillità. I primi passi li hanno fatti a distanza di una settimana: prima la femmina, poi il maschio. Lei ha spesso fatto da apripista nei loro piccoli progressi quotidiani, sia nel gioco che nelle parole e nel movimento. Poi si sono delineate le inclinazioni e i gusti, diversi in tutto e per tutto. E’ a quel punto che ho dovuto imparare a bilanciare perfettamente le attenzioni modellandole sul carattere e sulle esigenze di ognuno dei due. Non è sempre facile: a volte uno sguardo in più che cade sull’uno viene immediatamente notato dall’altro. E fatto pagare con gli interessi! Di positivo ho notato una sana competizione tra loro: le conquiste dell’uno sono spesso vissute come uno stimolo per l’altro. Non è stato così, invece, quando si è trattato di imparare l’uso del vasino: il maschio ha cominciato parecchi mesi prima della femmina, però quando lei è partita non ha più sbagliato un colpo!
Certamente con la lontananza del papà è stato più difficile organizzare momenti individuali per ognuno di loro. Qualche esperimento, però, siamo riusciti a farlo e il riscontro è stato sicuramente positivo: per esempio un pomeriggio il maschietto al parco con il papà e la femmina a prendere il gelato con la mamma e viceversa. E’ successo anche di sbagliare, trasformando l’uscita di un paio di ore in un intero pomeriggio: avendo il papà a disposizione solo un giorno alla settimana, infatti, la bambina si è sentita esclusa e gli ha messo un comprensibile muso d’ordinanza. In generale, però, se da una parte il fatto di essere sola non mi ha creato problemi nell’organizzazione della routine quotidiana, mi sono resa conto che la presenza del padre ha il pregio di bilanciare le attenzioni e limitare i piccoli e inevitabili litigi tra i due. Ho notato inoltre come il maschietto, man mano che cresce, senta sempre più marcata la necessità di passare del tempo con lui. Spesso però sono io a dover raccogliere le sensazioni del bambino e trasmetterle al papà per aiutarlo a instaurare una buona comunicazione tra loro. Non credo che dipenda dalla lontananza quanto da questioni caratteriali: essendo il papà un po’ taciturno, ho l’impressione che il maschietto non si senta particolarmente coinvolto. Discorso opposto per la femmina, che vedo capace di esprimere con facilità i propri sentimenti e vivere serenamente il nostro contesto familiare.
Quando saranno più grandicelli organizzeremo i fine settimana a casa del papà. Un altro limite di questa situazione, è stato infatti il dover rinviare quel momento: ci vuole infatti un genitore molto ben organizzato per potersi occupare da solo e contemporaneamente di due bimbi piccoli. Nel suo caso questa organizzazione ancora non c’è, e mi auguro solo di non dover rimandare troppo.
Giunti all’età della scuola materna, senza rimpianti mi sono ripresa i miei spazi e ho ricominciato a lavorare.
Nonostante tutti mi avessero consigliato di metterli in due classi separate, ho deciso di farli stare insieme: essendo sola tutta la settimana (il papà viene nel week end), ho preferito non impazzire tra riunioni dei genitori e appuntamenti vari. Le maestre mi hanno tranquillizzata riferendomi di giornate tranquille in cui ogni bambino partecipa alle attività di classe senza dipendere dall’altro. Alle elementari ho deciso che li separerò. Sarà la prima vera prova “in solitaria” per loro: forse mi ringrazieranno, chissà. Ovviamente quel che spero per il futuro è che l’aver condiviso tante cose fin da piccolini, possa un domani creare un legame solido e positivo nella loro vita di adulti.