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Il mio papà non c’è più….. ma forse non è vero!

Mio padre aveva 77 anni. Lavorava ancora e un mese fa era andato con i suoi amici dell’adolescenza, a sciare. Era un uomo pieno di vita e di progetti. Amava sua moglie, che invece negli ultimi anni non stava tanto bene. Era molto preoccupato per lei e se ne prendeva cura, a volte in modo amorevole, a volte un po’ burbero perché per lui era difficile accettare che, questa donna che si era sempre presa molto cura di lui, ora “nascondesse” le cose o si dimenticasse di cucinare. “Declino cognitivo”, questa la definizione tecnica che gli avevano dato i dottori.

Mio padre aveva 5 nipoti che lo adoravano. Aveva scoperto con loro la bellezza di lasciarsi andare all’affettività. Quando io e mia sorella eravamo bambine, lavorava tanto, ci voleva bene, ma la cura e la vicinanza le lasciava alla mamma. Con i suoi nipoti ha lasciato andare gli ormeggi e si è abbandonato a un amore senza limiti. Un giorno, ha preso da parte mio marito e gli ha detto: “Pier, vedendo te con i tuoi figli, ho capito tutto quello che ho perso. Pensavo fosse giusto così…Ma con i miei nipoti non farò lo stesso errore”.

Mio padre era un po’ artista…e condivideva questa passione con tutti loro. Ogni volta che i miei tre figli o le due figlie di mia sorella producevano qualcosa, ballo, canto, disegno o video che fosse, il nonno era quello che doveva esprimere per primo il suo giudizio, che, naturalmente, era sempre, sempre positivo. Era orgoglioso di tutti, di noi figlie, dei nostri mariti a cui dichiarava apertamente la stima e dei suoi splendidi nipoti.

Mio figlio Alberto lo considerava il suo “migliore amico”!

Mio padre non c’è più.

Questo virus misterioso e terribile, se lo è portato via in una settimana. E’ uscito di casa a testa alta, non è salito sulla barella perché voleva camminare con le sue gambe.

Ha dato un bacio a sua moglie, ed è salito in ambulanza.

Da quel giorno non lo abbiamo più visto.

Solo pochi messaggi via whatsapp, che ha potuto mandare finchè è riuscito a usare il cellulare. Messaggi in cui ci diceva di essere nel “girone dell’inferno” e che, intorno al lui, le persone morivano.

Poi più niente….

Mio padre aveva dato il mio numero di cellulare ai dottori, forse pensando che la figlia psicologa era quella più adatta a questo compito. Non so…

Oramai sapevo che tra le 14 e le 16 sarebbe arrivata la chiamata. Una volta al giorno. 30 secondi. Da un medico “portavoce”, che in un tono caldo e disarmato, mi diceva la verità: “Purtroppo i polmoni di suo padre sono molto compromessi”, “Ha un epatite, e non possiamo iniziare nessuna cura”, “lo abbiamo sedato, stia tranquilla non sta soffrendo”.

Un’attesa disumana e straziante.

Un dolore, lenito solo dalla vicinanza (virtuale) e partecipazione di tante persone care, ma ugualmente insopportabile perché vissuto senza la possibilità di abbracciare nessuno.

Quando alle 8 di sera di lunedì 23 Marzo mi ha chiamato il medico per dirmi che il mio papà non ce l’aveva fatta, ho pianto da sola sui gradini del cortile, piano, perché la mia mamma, da cui mi sono trasferita perché da sola non può più stare, non sentisse. Ho chiamato mio marito, mia sorella…e abbiamo deciso di far passare, almeno a lei, una notte tranquilla.

La mattina, quando le ho detto che suo marito non c’era più, non ho potuto nemmeno abbracciarla. Il suo compagno di una vita, che se ne era andato camminando e le aveva dato un bacino dicendo “Torno presto”, non sarebbe tornato. Lei ha pianto in silenzio, coprendosi il viso…e io ero li, con la maschera e i guanti a tre metri di distanza…nessun abbraccio.

Questo virus non toglie solo la vita in questo modo improvviso e imprevedibile, ma ci toglie la possibilità di stare vicino a chi amiamo mentre soffrono, ci toglie la possibilità di salutarli, ci toglie gli abbracci e…ci toglie i riti. Non c’è stato rosario, non c’è stato funerale. In 8 siamo potuti entrare nel cimitero, ognuno lontano dall’altro, con le mascherine e le persone delle onoranze funebri che avevano fretta di andare via velocemente. Lo abbiamo accompagnato fino all’avello e poi, anche noi, via subito…

Forse vi starete chiedendo perché ho deciso di raccontare questa mia storia, in modo così diretto, senza mediazioni o senza proteggere chi legge dalla drammaticità di questi eventi.

Il giorno in cui mio padre è morto, poco prima che accadesse, un’amica anestesista mi ha scritto dicendo che aveva capito che il Paolo Vettori a cui aveva messo una maschera ad ossigeno il giorno prima, era mio padre. L’ ha capito solo in quel momento e mi ha fatto il regalo grandissimo di mandare un suo specializzando a dirgli nell’orecchio che la sua famiglia lo amava profondamente. Non sappiamo che cosa abbia capito, ma so di essere stata privilegiata visto che tanti altri non hanno nemmeno questa possibilità.

In quel momento la mia impotenza e quella della mia amica medico, ci hanno fatto sentire molto vicine.

Quando è successo, mi ha chiamato e ha pianto con me.

Un dottore che piange…un dottore che è senza armi e parole.

Poi mi ha detto: “E’ una guerra Daria, è una guerra in cui però muoiono i vecchi anziché i giovani…”.

Come la mia, ci sono centinaia di altre famiglia che vivono la stessa disperazione e la stessa impotenza. Questo virus sta portando via in un soffio i nostri vecchi, uomini e donne.

Qualcuno potrebbe pensare che, quindi, è meno grave. Quelli che devono vivere sono i giovani, le nuove generazioni. Se pensiamo così, ci sbagliamo di grosso, perché i nostri anziani sono la nostra storia, raccontano ciò che siamo, sono quelli che avendo vissuto possono aiutarci a non rifare gli stessi errori fatti nel passato. Un’umanità senza memoria, è un’umanità senza radici. Un’albero senza radici non può sopravvivere…noi stiamo perdendo le nostre radici.

Ieri notte la mia amica dottore mi ha scritto ancora, per sapere come stavo e poi mi ha raccontato la sua voglia di non mollare e il fatto che questa malattia è imprevedibile e spesso incurabile, ma le ha fatto sentire forte il valore del prendersi cura più che del curare. Poi però mi ha detto…”Quello che mi fa rabbia sono tutte le persone inconsapevoli”. Tutti quelli che non vogliono vedere e che continuano a pensare a loro stessi, che non hanno ancora capito che in questa storia l’unica possibilità di salvarci è prenderci cura degli altri, preoccuparci per gli altri, per i più deboli. Non abbiamo altre medicine miracolose, solo la nostra compassione e la capacità di lasciare andare tutte le nostre certezze per ritrovarci.

Ecco perché ho deciso di scrivere…perché spero che leggendo la mia storia, qualcuno che ancora non è consapevole, qualcuno che ancora pensa che “tanto se ne ammalano solo i vecchi” possa almeno sentire la compassione, possa rendersi conto e partecipare e condividere, proteggersi e proteggere e in questo modo salvare sé stessi, salvando la nostra umanità.

 

– Daria

 

Terminato il racconto di Daria, vi propongo di premere PLAY nella fascia qui sotto e proseguire la lettura

 

Ho sempre pensato che la MUSICA potesse essere la culla, accogliente, dei nostri pensieri, delle nostre sensazioni, delle emozioni feroci e dei dolori strazianti !,

Un balsamo per le ferite  superficiali e per quelle profonde!

La  coreografia del nostro personale campo magnetico!

Per l’anima il porto della tranquillità!

Quando tanti anni fa mancò nostra madre mio fratello Pietro, musicista ispirato, scrisse questa “Milonga del Miraggio al Meriggio”.

Il giorno del funerale la musica inondò la chiesa commuovendoci profondamente!

Lenì il nostro dolore!

E, my Good, ci riuscì!

Ci ha accompagnato negli anni!

Credetemi!

Ebbene vorrei che oggi “Milonga del Miraggio al Meriggio”giungesse fino a Paolo, in Paradiso!

E  che lui….che lui la potesse condividere con tutte le persone mancate in questi giorni ad opera del Nemico Invisibile.

Persone che nel momento dell’abbandono non hanno potuto avere il conforto di un bacio, di una carezza, di una parola, ( forse… amore delle mia vita, a presto !? )  da parte di un amico, di una moglie o un marito, di un figlio o una fìglia, di un fratello o una sorella.

Bieco il nemico, grande l’amore fra di noi !

E l’Amore vincerà!

Provate a fidarvi

angelocanta

 

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